Mia madre è un fiume

Come in tanti altri hanno detto, non è di certo un brutto libro..ma oltre al carino non và. L'inizio l'ho trovato un po' piatto, ma la restante parte del libro "ha preso il volo". Mi piacciono i temi affrontati: rapporto madre-figlia e il morbo di Alzheimer. Non mi ha del tutto convinta, invece, lo stile in cui è stato scritto, il quale ha reso la mia lettura a tratti poco scorrevole. Nonostante tutto sono convinta che invece in molti premieranno l'originalità e sarà interessante tenere "sott'occhio" questa scrittrice: secondo me ci riserverà delle belle sorprese, perchè nonostante tutto le sue capacità le si notano tutte.

Il titolo di questo libro rispecchia molto quelli che sono lo stile e l’andamento narrativo del romanzo: un fiume (in piena aggiungerei). Esso racconta le vicissitudini di una donna che si vede costretta a prendersi cura della madre, la quale sta progressivamente perdendo la memoria e l’autosufficienza a causa di una malattia degenerativa. Il loro rapporto, che non è mai stato semplice, viene rimesso in discussione mentre a mano a mano riaffiorano i ricordi dell’infanzia e dell'adolescenza. A fare da sfondo a questo che definirei un vero flusso di coscienza, troviamo l’Abruzzo. Si incontrano tantissime espressioni dialettali e tantissime usanze di questa regione, che daranno sicuramente qualche gioia in più ad un ipotetico lettore abruzzese.

Questo libro è un viaggio.
Il viaggio che una figlia fa fare alla madre nella propria storia, per aiutarla a ricostruire i ricordi annebbiati dalla malattia.
Attraverso le parole amare ed amorevoli facciamo un viaggio nell'Italia centrale del dopoguerra, conosciamo la durezza della vita dei mezzadri, senza diritti e senza riposo. Conosciamo la famiglia Viola, e la fatica di dimostrare l'amore per i propri figli.
Parteciiamo alle quotidiane battaglie per la sopravvivenza ed ai piccoli traguardi del conquistato benessere, la prima televisione, il primo motocarro Ape.
Pagine di amore e paura, pagine di desiderio, pagine di malattia. E l'incubo di vedere come propri i sintomi della perdita di identità della madre, riconoscendo in lei così tante parti da averne quasi timore.
Questo è un libro pieno d'amore.

Una storia di un rapporto sofferto prima e durante la malattia della madre. Mi ci sono ritrovata in questo racconto, ho ritrovato il rapporto a volte conflittuale con mia madre, ho ritrovato quelle parole che volevo dirle e mai dette, mi ci sono rivista mentre l’assistevo. Trovarsi ad un certo punto della propria vita a dover essere un punto di riferimento per colei che ti ha generata è difficile, stancante e doloroso. La memoria se ne va e tu tenti di ricostruirla come ha fatto la Di Pietrantonio, torni indietro nel tempo, ricordi ciò che ti raccontava e scopri che così facendo ti stai avvicinando a lei ed immancabilmente ti fai molte domande che ti portano anche a guardare in te stessa, a riflettere sulla vostra vita, la sua e la tua. Con uno stile asciutto, diretto l’autrice parlando alla madre porta il lettore nella terra d’Abruzzo con le sue tradizioni rurali, i lavori di un tempo, l’emigrazione, la fatica. Mi è sembrato un buon esordio per questa autrice.