La banalitá del male. Un libro stupendo. La Arendt ha il dono superiore di semplificare le difficoltá. Scrive da giurista, da processualista, da costituzionalista, da internazionaista, da giornalista senza mai perdere la semplicitá e la chiarezza. Uno sguardo non partigiano (e l'ha pagata cara nel suo ambiente) sulle attivitá atroci del nazismo, ma sopratutto sulla organizzazione burocratica di un incredibile sterminio non solo di ebrei. Eichmann ne esce come uno sciocco ambizioso, senza l'ombra di una coscienza e quindi senza l'idea del male. Obbedienza e efficenza erano i suoi ideali. Oltre questi, il nulla. Tutto atrocemente banale. Ma quanti problemi sollevó quello strano processo e sono tutti riportati in maniera incalzante dalla Arendt, fino alla conclusione riassuntiva delle ragioni di una esecuzione dovuta e non dovuta. Sará un libro che avró sempre con me perché ha fatto tanta luce sul periodo piú nero del nazismo. E certe perle non si lasciano.

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Descrizione
Otto Adolf Eichmann, figlio di Karl Adolf e di Maria Schefferling, catturato in un sobborgo di Buenos Aires la sera dell'11 maggio 1960, trasportato in Israele nove giorni dopo e tradotto dinanzi al Tribunale distrettuale di Gerusalemme l'11 aprile 1961, doveva rispondere di 15 imputazioni. Aveva commesso, in concorso con altri, crimini contro il popolo ebraico e numerosi crimini di guerra sotto il regime nazista. L'autrice assiste al dibattimento in aula e negli articoli scritti per il "New Yorker", sviscera i problemi morali, politici e giuridici che stanno dietro il caso Eichmann. Il Male che Eichmann incarna appare nella Arendt "banale", e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori sono grigi burocrati.
Quarta di copertina
Otto Adolf Eichmann, figlio di Karl Adolf e di Maria Schefferling, catturato in un sobborgo di Buenos Aires la sera dell'11 maggio 1960, trasportato in Israele nove giorni dopo, in aereo e tradotto dinanzi al Tribunale distrettuale di Gerusalemme l'11 aprile 1961, doveva rispondere di quindici imputazioni, avendo commesso, 'in concorso con altri', crimini contro il popolo ebraico, crimini contro l'umanità e crimini di guerra sotto il regime nazista, in particolare durante la seconda guerra mondiale." Hannah Arendt va a Gerusalemme come inviata del "New Yorker". Assiste al dibattimento in aula e negli articoli scritti per il giornale sviscera i problemi morali, politici e giuridici che stanno dietro al caso Eichmann. Ne nasce un libro scomodo: pone le domande che non avremmo mai voluto porci, dà risposte che non hanno la rassicurante certezza di un facile manicheismo. Il Male che Eichmann incarna appare alla Arendt "banale", e perci" tanto più terribile, perché i suoi servitori più o meno consapevoli non sono che piccoli, grigi burocrati. I macellai di questo secolo non hanno la "grandezza" dei demoni: sono dei tecnici, si somigliano e ci somigliano.
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Recensioni
Totale delle Recensioni
libro che cambia la storia
Scritto da gaggioli_andreail 29 gennaio 2015Dai mille volti, conosciuta grazie alle ''Le origini del totalitarismo'', Hannah Arendt tenta con il libro ''La banalità del male'' di spiegare attraverso la filosofia la mediocrità dell'uomo e la sua incapacità di scegliere tra il bene e il male, tra mandare a morte per un giuramento fatto al Reich o il rinunciare a quest'ultimo ed essere un oppositore. Presenta l'incapacità di scelta dell'uomo medio che pur essendo padre di famiglia e uomo istruito si lascia corrompere dal male e diventa artefice di ghetti e campi di sterminio rinunciando al pensiero unica chiave propria di salvezza.
La banalità della guerra.
Scritto da Antonioil 15 giugno 2015Cronaca di un processo a un uomo accusato dello sterminio di milioni di ebrei. E' veramente colpevole? La stessa autrice sembra dubitarne. Alla fine era soltanto un ufficiale tedesco, intellettualmente mediocre, che ubbidiva agli ordini dei suoi superiori allo stesso modo di tanti altri soldati che hanno ucciso al fronte, allo stesso modo dei soldati che hanno sganciato le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Più che la banalità del male, la banalità della guerra.
contro la banalità dei tempi attuali
Scritto da GIUSEPPEil 23 febbraio 2015ottima lettura. in un'epoca di banalità e di semplificazione ti fa capire la complessità della mente umana.
Come guardarsi allo specchio
Scritto da Danieleil 03 dicembre 2017E' confortante pensare di non essere cattivi e di essere sempre dalla parte dei giusti. Credere di "essere buoni" è solamente una convinzione personale, altamente soggettiva. L'unica colpa del carnefice è di aver perso la guerra. In tutti i libri di storia il vincitore è sempre il buono, l'onesto, il portatore di giustizia e di verità. E se cosi non fosse? E se osservassimo da vicino un genocida e ci accorgessimo che non è un bestia assetata di sangue ma un' uomo come noi? Cosa potremmo fare? Questo saggio tenta di andare oltre lo specchio e ci fa comprendere come i "mostri" non esistono, esistono uomini che in un determinato momento storico, con una determinata ideologia e una fede incrollabile in un leader carismatico, possono perdere il senso dell'empatia. Il "mostro" è dentro di noi e, se viene pungolato, può emergere, sempre.
Sfinimento
Scritto da Gretail 01 marzo 2017Questo libro stanca. Stanca non in senso negativo, ma è un po’ pesante soprattutto in alcuni punti, nei quali l’autrice si dilunga in descrizioni di processi e di eventi storici, per i quali è sufficiente aprire un libro di storia qualunque e si conosceranno. Al di là di questo è un testo fondamentale, che aiuta a far capire che cosa sia il male, che i personaggi coinvolti non agivano soltanto perché spinti dall’odio ma perché non si poteva fare altrimenti, che il male è, proprio per questo motivo, banale.
Punto di vista insolito
Scritto da chimentiail 11 settembre 2018La trama di questo saggio è facilmente intuibile dal sottotitolo, ovvero "Eichmann a Gerusalmme", perciò viene trattato il processo di quest'ultimo con riferimenti al contesto storico-sociale in cui ha vissuto ed operato, e le conseguenze. Interessanti sono le considerazioni dell'autrice. La Arendt critica il tribunale ed il luogo in cui si è svolto il processo, poiché le atrocità commesse sono crimini contro l'umanita ancor prima di essere crimini contro gli ebrei, perciò il tribunale doveva essere composto da una corte internazionale e non solamente da israeliani, ed infine il luogo non poteva essere Gerusalemme (per lo stesso motivo), ma un luogo "neutrale". Nonostante ciò, la fine del processo era, a suo avviso, prevedibile, ma poteva essere concluso diversamente. Queste critiche le portarono molte accuse comprese quelle della comunità ebraica (nonostante fosse anch'ella ebrea di nascita).
Consigliato
Scritto da chocoretoil 20 maggio 2018L'obiettivo dei nazisti era quello di portare a termine la "soluzione finale" mettendo in moto un meccanismo semplice, quello di dare ampio spazio, citando il titolo, alla banalità del male di cui Eichmann è testimone. Questo saggio delinea le vicende storiche che negli anni '30 e '40 del secolo scorso che hanno coinvolto la popolazione ebraica e non solo, ma delinea anche la psicologia Eichmann che è un uomo qualunque e che non ha nulla di anormale. Forse è proprio questo che ci colpisce come uno schiaffo: è da uomini normali che nasce una delle grandi tragedie del secolo scorso, ed è per questo motivo che non possiamo permetterci di dimenticare. Lettura assolutamente consigliata.
banalità sarebbe non leggerlo
Scritto da lucalauro877il 18 maggio 2018 la banalità del male, già il titolo dice tutto e dovrebbe portarvi a leggere il libro, soprattutto perchè scritto da una filosofa che riesce con la sua scrittura a rendere percepibile il male e soprattutto con parole dirette e semplici, a spiegare tutto il male chè c'è stato durante ilperiodo nazista che oggi giudichiamo ma senza renderci conto che quel male si è solo nasconto in altre vesti e preso altre forme ma non è mai realmente scomparso.
la Arendt ti scava dentro e ti apre gli occhi. leggetelo!
Impegnativo
Scritto da MICHELAil 18 maggio 2018Si tratta di un libro a tratti molto impegnativo e poco scorrevole, in quanto la Arendt si dilunga su descrizioni certamente poco avvincenti e troppo dettagliate che ritengo superflue alla trattazione. I temi trattati sono ovviamente di grande spessore e l'obiettivo di voler trasmettere la psicologia semplice e "banale" di un uomo che si è macchiato di crimini atroci senza rendersene neanche conto, mai... neanche quando viene condannato a morte, riesce perfettamente. Tuttavia, gli eventi storici raccontanti sono ormai conosciuti chiaramente da tutti noi e perciò a volte risulta pesante. Tale libro sarà stato sicuramente una grande rivelazione dopo la guerra, periodo in cui sono venute a galla tante verità che però noi oggi conosciamo molto bene.
Conoscere la storia per costruire il futuro
Scritto da ROSAMARIAil 15 maggio 2018Il libro è una raccolta di reportage di cui Annah Arendt, un’ebrea tedesca proveniente da una famiglia ricca, tratta per sottolineare l'inconsapevolezza delle conseguenze delle azioni messe in piedi dal regime totalitario, appunto "la banalità del male". L'atrocità del male causato da Eichmann non si coniuga con la "normalità" del personaggio, tantomeno con l'assenza di tratti psicologi borderline. Piuttosto è rintracciabile in lui l'incapacità di guidicare l'efferatezza delle proprie azioni ed è proprio questa la radice della mostruosità di quell'epoca.
NOn per tutti
Scritto da mariateresail 14 maggio 2018Tutti coloro che cercano in questo libro una analisi sulla fenomenologia del male e le prove dell' autrice per dichiararlo banale si astengano dalla lettura del medesimo.O meglio,tale argomento o tema vi e' solo accennato direi sfiorato in qualche passaggio che aggiunge solo colore al testo e poi piu' nulla.Viceversa, coloro che invece sono cultori o appassionati lettori delle dinamiche,intanto di un diritto internazionale che all' epoca era ancora del tutto in fieri e poi del diritto israeliano al suo nascere,vi troveranno dotte disquisizioni, cavilli procedurali sottili,riflessioni dottrinarie e persino evidenti incongruenze e contraddizioni procedurali.L' autrice altri non e' se non l' inviata della piu' sofisticata rivista del mondo,il New Yorker,che si ritrova in mano il difficile compito di una corrispondenza avente per tema il processo Eichmann a Gerusalemme.E come potrebbe,anche volendo,una firma di tale rivista non perdersi nell' intricato groviglio di un tema che per sua definizione e cultura di massa,siamo nel 1961,immunizzarsi dall' enfasi che la rabbia impone ? La Arendt e' stata allieva di due eminenze grige della filosofia del novecento,quali : Heidegger e Jaspers,ma nulla traspare di tale insegnamento.Voglio dire : nulla,o molto poco,ma poco davvero,viene analizzato in quelle che sono le dinamiche chiuse nella mente del mostro/Eichmann.Tutto,invece,vi e' di illustrato del Soldato/Eichmann.Ed e' pur vero che una corte non puo' esimersi da cio' che il codice e la procedura prevede,alla luce delle verifiche dei capi d' accusa,ma i piu' che nulla sanno,o ai quali nulla importi,della sequenzialita' di un processo hanno quanto meno il diritto di essere nutriti del loro bisogno di risposte a cio' che fu l' olocausto degli ebrei e la sua malvagita', sia pure nell' analisi di un operatore di seconda fila.E in assenza di tale componente,a mio parere,anche una fredda analisi giuridica sia pure brillante rende il libro : banale.
Contro corrente
Scritto da massimoporcari96il 14 maggio 2018Saggio imprescindibile per la comprensione di un fenomeno, quello dell'olocausto, che ha segnato in maniera irreversibile tutta la cultura europea del dopo guerra. Se "dopo Auschwitz non è possibile alcuna poesia", come scrive Adorno, è importante comprendere e decostruire un evento di tale portata non solo dal punto di vista dei vincitori, ma anche degli sconfitti. E' quello che tenta di fare Hannah Arendt, ebrea, perseguitata, che per questo libro, nato da un articolo per il New Yorker sulla cronaca del processo di Gerusalemme al gerarca nazista Eichmann, ha attirato su di se l'ira della comunità ebraica.
Un libro difficile ma rivelatorio
Scritto da Mentina98il 13 maggio 2018 "La banalità del male" è un libro che necessita una certa tranquillità per essere letto, perché il modo in cui è stato scritto non è molto "amichevole", occorre molta concentrazione e passione per l'argomento. Oltre a rivelarci la superficiale personalità di Eichmann, la Arendt ci svela anche la parte avuta dai grandi capi ebrei nello sterminio del loro popolo. Questa è l'argomento che più mi ha toccata e soprattutto scioccata.
Un libro a mio parere dettagliato, rigoroso e finalmente non di parte (la Arendt era ebrea) sicuramente un must per gli appassionati dell'argomento olocausto.
Profondo
Scritto da Luciail 12 maggio 2018Un libro che racconta una storia dolorosa: il processo del 1960 ad Eichmann, un nazista che aveva avuto un ruolo chiave nella deportazione degli ebrei. L'uomo appare come freddo e concentrato solo sulla sua carriera nel regime, senza mai pensare alle conseguenze di quelle azioni. Non è un mostro o uno stratega brillante ma un uomo banale, incapace di riflettere sul male. Un libro che aiuta a capire come è possibile che la Shoah sia avvenuta: la banalità del male e l'incapacità degli uomini di uscire dal proprio microcosmo.
La banalità del male
Scritto da Antonio il 10 maggio 2018 Annoverato tra i criminali di guerra sfuggiti al processo di Norimberga, si rifugiò in Argentina, per essere poi catturato in un sobborgo di Buenos Aire la sera dell’11 aprile del 1961 dal Mossad, trasdotto a Gerusalemme e processato e condannato a morte per genocidio e crimini contro l'umanità. Doveva rispondere di quindici capi di imputazione e per tutti ottenne la massima pena.
Hannah Arendet, filosofa tedesca allieva, tra gli altri, di Heidegger, e già emigrata nel 1933 dalla Germania in Francia a causa delle persecuzioni razziali, durante il processo Heichmann è inviata in Israele come corrispondente del New Yorker per descrivere il dibattito in aula in una serie di articoli in cui analizza a fondo i problemi morali, politici e giuridici dietro il caso Eichmann, ponendo domande scomode, mai manicheiste, e sottolineando sempre l’assoluta banalità di personaggi come l’imputato, un grigio burocrate che si limita a eseguire gli ordini senza minimamente impegnare una sia pur labile forma di coscienza critica.
Coscienza è, insieme a responsabilità morale soggettiva, non a caso, la parola chiave di quello che diverrà uno dei saggi fondamentali sulle ragioni e le forme di esecuzione della «soluzione finale»: La banalità del male
Come me lo aspettavo
Scritto da ANTONIOil 03 marzo 2018In linea con le attese
Indimenticabile
Scritto da giulialabionda14il 05 dicembre 2017"La banalità del male – Eichmann a Gerusalemme” è un libro di Hannah Arendt che si incentra sul processo di Adolf Eichmann tenutosi a Gerusalemme dopo la cattura del fuggitivo. Eichmann è infatti uno dei responsabili della soluzione finale che è stata presa per eliminare gli ebrei. La banalità del male sta nel fatto che persone come Eichmann si giustificano dopo aver fatto del male dicendo che hanno solo obbedito agli ordini. Un libro toccante e che fa riflettere.
Ottimo saggio
Scritto da rotelligiacomoil 04 dicembre 2017Lo scopo del libro è quello di raccontare il processo ad Eichmann; la capacità della Arendt di riuscire a scrivere non solo un resoconto, ma un ottimo saggio che descrive in modo (quasi sempre) chiaro come si siano svolti la deportazione e lo sterminio degli ebrei è magistrale: anche chi non ama i saggi storici lo apprezzerà. La narrazione segue lo svolgersi del processo, i suoi “retroscena” (chi erano i giudici, come si sia riuscito a rapire Eichmann e gli obiettivi del processo stesso) e parlando dei fatti portati come prove della colpevolezza del gerarca, andando alcune volte anche a sottolinearne la falsità. Due fatti mi hanno colpito maggiormente: il primo è l’approccio con il quale l’imputato viene raccontato; la seconda è la bravura della scrittrice nel parlare di legge senza annoiare il lettore.
Assolutamente da leggere
Scritto da letteramonicail 03 dicembre 2017 Il libro parla del resoconto del processo al criminale nazista Otto Aldol Heichmann che la Arendt venne inviata a seguire nel 61.
Nelle intenzioni del governo Israeliano lui doveva essere il simbolo di tutto il male fatto al popolo ebraico.L'autrice però lo descrive come uno stupido, un po' ignorante, per nulla antisemita. Ciò nonostante mistava i convogli della morte senza porsi nessun problema morale. L'autrice tenta di spiegarci le motivazioni e ci racconta anche del male esteso a tutta la società, in particolare dei collaborazionisti ebrei. Per questo venne fortemente criticata e osteggiata. Assolutamente da leggere per gli amanti della verità.
un pezzo di storia
Scritto da rosacicerchiail 02 dicembre 2017 E' un libro molto forte, fonte di pura angoscia ma anche di lucida speranza. Risulta essere molto dettagliato in alcune parti, ma purtroppo prolisso in altre. E' comunque un bel documento storico che andrebbe letto poiché è la riflessione su un periodo storico importantissimo ancora così vicino a noi da renderlo comprensibile a livello storico/politico ma assolutamente non dal punto di vista umano. Ha segnato tutti noi. Le emozioni che suscita sono reali, così reali da far paura.
Un libro da leggere.
Un viaggio nell'essere umano
Scritto da bianchifril 02 dicembre 2017L'autrice,attraverso la sua opera,analizza il controverso processo a Eichmann ,lasciando come sfondo temi sociali,politici,filosofici,giuridici e storici,che hanno portato alla shoah. La Harendt,con le sue argomentazioni,teorizza che la morte di milioni di persone per Eichmann è la cosa più naturale del mondo.Teoria banale,quanto grottesca,suscitò molte critiche all'epoca. Il libro non risulta facile da leggere,ma è importante per far luce su uno dei più grandi disastri umanitari della storia,e pretendere le basi per una possibile umana convivenza.
Un libro che fa riflettere
Scritto da elettradifrancescoil 02 dicembre 2017"La banalità del male – Eichmann a Gerusalemme” è un libro di Hannah Arendt che si incentra sul processo di Adolf Eichmann tenutosi a Gerusalemme dopo la cattura del fuggitivo. Eichmann è infatti uno dei responsabili della soluzione finale che è stata presa per eliminare gli ebrei. La banalità del male sta nel fatto che persone come Eichmann si giustificano dopo aver fatto del male dicendo che hanno solo obbedito agli ordini. Un libro toccante e che fa riflettere.
Se stesso come prova del male
Scritto da federicociontoliil 28 novembre 2017In più punti la Arendt dimostra gli effetti della banalità del male. E non lo fa sempre consapevolmente, ma in numerose affermazioni è lei stessa a ricadere nell'oscuramento della coscienza. E' così ad esempio per la posizione apparentemente favorevole alla condanna a morte di Eichmann. La banalità del male è lì pronta ad irrigidire una posizione egoistica ed è sufficiente pensare non necessario uno sforzo alternativo al pensiero irrazionale divenuto normale per poter ricadere in azioni mostruose.
Un libro stupendo
Scritto da barbarail 12 marzo 2017 Un saggio meraviglioso.
La Arendt va a Gerusalemme come inviata del New Yorker per seguire il processo ad Adolf Eichmann, funzionario delle SS incaricato della soluzione della questione ebraica, che ha subito il processo dinanzi a un tribunale.
L'autrice prende spunto dallo studio dell’imputato attraverso le sue azioni durante la persecuzione e le sue parole nel periodo di prigionia, per scrivere un approfondimento.
Ciò che colpisce è come il male, le atrocità e le barbarie commesse fossero parte di una routine, di qualcosa che si doveva fare, qualcosa che diventa così normale da diventare "banale".
E banale è il male perchè perpetrato da uomini su altri uomini.
Un approfondimento su una delle pagine della nostra storia più buie e atroci.
Lo stile dell'autrice è lodevole, così come tutta la struttura del libro.
Una lettura toccante ed emozionante che vale la pena di leggere.
La banalità del male
Scritto da linda.sicignano24il 11 marzo 2017Si parla di un tema che credo sarà sempre attuale. Hannah Arendt ha vissuto durante la seconda guerra mondiale e ciò che il suo pensiero per un certo periodo non è stato accettato. La Arendt vuole trovare delle motivazione a ciò che è successo. È riuscita a spiegare come mai la maggioranza degli individui hanno obbedito agli ordini rendendo possibile quell'indescrivibile situazione. Hannah Arendt, mi sembra di ricordare, sia effettivamente andata a Gerusalemme per vedere il processo di Otto Adolf Eichmann. Questo processo funge da esempio, sicuramente molti altri, se non quasi tutti, si saranno svolti nello stesso modo. Eichmann si difende dicendo di aver eseguito gli ordini, e qui noi siamo portati a riflettere se sia giusto o no. Perché doveva eseguire gli ordini? Avrebbe dovuto rifiutarsi e accettare le conseguenze, magari morire? È una scelta così semplice? Probabilmente no, ci sono anche molti altri aspetti da considerare e se ne potrebbe parlare per ore. La Arendt con un solo testo riesce a introdurre nella nostra mente molte domande, anche senza una risposta, che ci portano a riflettere su quanto possiamo essere guidati nel nostro operato, sul male in generale, su come funziona il mondo. Anche se la seconda guerra mondiale è terminata, non è detto che non ce ne sarà mai una simile. Siamo noi nel nostro piccolo a deciderlo
Il sonno della ragione genera mostri
Scritto da Giuseppeil 11 marzo 2017Un libro fondamentale per tentare di capire l'inconcepibile. Con uno stile semplice, l'autrice ci racconta come il male possa generarsi e prosperare grazie alla mediocrità e all'acquiescenza di troppe persone, che scelgono di non scegliere, si uniformano ai voleri di chi "comanda", e trovano nell'obbedienza la giustificazione ad ogni azione, anche la più atroce. L'autrice mantiene uno sguardo onesto sulla vicenda del processo ad Eichmann, rilevandone anche i limiti. È un libro che comporta fatica, perché il male non è semplice, anche se può essere banale.
Di una crudeltà struggente
Scritto da silvanazecchiil 10 marzo 2017Un libro duro, doloroso nel quale l’autrice descrive il processo, avvenuto a Gerusalemme nel 1960, ad Eichmann, il criminale nazista che aveva avuto un ruolo fondamentale nella deportazione degli ebrei durante il periodo del regime nazista. Quest’uomo rispondeva che“ che aveva sempre fatto il suo dovere e obbedito agli ordini” e ne era orgoglioso, faceva bene il suo lavoro. Faceva quindi parte di un meccanismo, attento che tutto procedesse “normalmente”, attento ai numeri senza pensare alla tragicità di quelle operazioni. Già, non un mostro, un uomo normale incapace di pensare, un uomo banale assieme a tanti altri come lui, ma proprio per questo il male che ne è scaturito è ancora più angosciante, più inquietante. L’autrice fa anche delle profonde riflessioni sulla conduzione del processo e sulla psicologia dei personaggi coinvolti.
Un titolo,quattro parole,una verità
Scritto da berrettoverde18il 10 marzo 2017 La scrittrice, filosofa ebrea fuggita negli Stati Uniti,non solo fa un resoconto degli eventi che intende raccontere, ma esprime problemi morali, politici e giuridici.Osservando Eichmann, un uomo apparentemente comune e insignificante, accusato di aver compiuto atti di una ferocia inumana, la Arendt sviluppa il concetto della “banalità del male“, per cui le azioni malvagie di Eichmann non sarebbero dovute a una sua indole maligna, quanto a una inconsapevolezza delle conseguenze.
Adolf Eichmann, gerarca nazista, fu catturato a Buenos Aires l’11 maggio 1960, trasportato in Israele nove giorni dopo, processato a Gerusalemme, con le accuse di aver commesso crimini contro il popolo ebraico e crimini di guerra.
Il romanzo dell'autrice è sviluppato dunque attorno a questa vicenda.Ritiene che la società civile aveva creato un nuovo tipo di criminale caratterizzato dalla mancanza di idee, ma non stupido, quanto senza spirito critico, e ubbidiente: un uomo che vive attraverso i condizionamenti esterni che gli sono dati dalla società, o da un capo politico, un uomo mediocre che vive per inerzia.
Bastava non avere idee che potessero aiutare a comprendere che cosa era giusto e cosa sbagliato; bastava essere ligi al dovere, ubbidienti ai comandi impartiti, grandi lavoratori, e si era Eichmann, un uomo che viveva, ma non era calato nel reale e nelle sue implicazioni, che faceva parte di uno stato totalitario che plasmava le personalità a suo vantaggio.
Un libro per far riflettere, per guardare a quello che è stato e anche a quello che è con occhi diversi, con la consapevolezza che la mancanza di idee, l’assenza di un’apertura davanti al reale, l’ignoranza dei desideri più profondi e più puri che muovono il cuore dell’uomo sono ciò che rende quest’ultimo una pedina pericolosamente manovrabile.
la banalità del male, non necessita di altre spiegazioni
Scritto da fortunacollail 09 marzo 2017 un titolo che non ha bisogno di altro per spiegare il libro, ne nasconde mistero, svelo essenzialmente cose che tutti dovremmo sapere.
ma pensiamo sempre che il male venga dagli altri e mai da noi stessi semplicemente perchè ci rispecchiamo sempre nei personaggi buoni. in effetti quando si parla di genocidio chi si schiera dalla parte dei cattivi? ma forse questo fa riflettere perchè oggi siamo noi i cattivi con chi pensiamo sia diverso da noi.
Riflettiamo.
Da leggere
Scritto da Marinellail 09 marzo 2017Un libro che, letto durante il periodo scolastico, mi ha lasciato un segno indelebile in profondità. Indimenticabile. La scrittura diretta e concisa della Arendt permettere di rivivere il processo più famoso della storia come se ci si trovasse in quell'aula di tribunale. L'insegnamento che lascia dietro di sé trova voce e spazio, seppur tristemente, ancora oggi. Un importante tassello della memoria storica, ma non solo. E' l'accurata analisi di un processo giudiziario che ha portato alla luce l'orrore più sconvolgente di tutti: la banalità del male. Consigliatissimo.
Bellissimo
Scritto da chimicadueil 06 marzo 2017 «La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme», saggio di Hannah Arendt, è entrato nella storia della filosofia perché supera le comuni definizioni di bene e di male.
Hannah Arendt, filosofa ebrea, seguì in qualità di giornalista il processo che si tenne a Gerusalemme contro Heichmann, il criminale nazista condannato per essere stato il principale responsabile della cosiddetta «soluzione finale».
Durante il processo, Heichmann mostrò al mondo la sua vera personalità che, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non aveva nulla di demoniaco; in altre parole il male, secondo Hannah Arendt, non origina da un’innata malvagità ma dall’assenza totale di pensiero. Quest'opera è splendida e assolutamente intelligente.
Perfetto
Scritto da sequenziatoreil 06 marzo 2017Un titolo entrato nell’immaginario collettivo per un saggio ancor oggi di fondamentale importanza: se prendere in mano il libro incute un certo timore reverenziale, il doverne parlare è un compito difficoltoso visto che proprio nella banalità, seppur di ben diverso tipo, si rischia di scivolare. Non è però l’unico disagio che si prova e neppure il più grave: come accade sempre leggendo opere di analogo argomento, si viene pervasi da una sensazione disturbante che qui è accentuata dall’implacabile procedere dell’analisi con cui la studiosa tedesca naturalizzata statunitense sviscera la tragedia dell’Olocausto.La forza delle argomentazioni dell’autrice – che comunque si guarda bene dal concedere sconti a chiunque, ebrei inclusi – hanno anzi aiutato questa maturazione grazie altresì a una prosa non semplice, ma che sa essere coinvolgente in special modo quando cerca di gettare luce sulla personalità del criminale nazista.
libro che tocca le coscienze
Scritto da cadonirosail 06 marzo 2017Un grande libro che descrive crudemente e lucidamente quello che è stato il genocidio. Con la sua inconfondibile ed eccelso modo di scrivere la Arentd ci descrive uno dei processi più famosi nel mondo. Quello ad un nazista, o forse ad un popolo, ad esercito che si limitatava a eseguire, come se le donne e bambini fossero un lavoro da burocrati nella soluzione finale, come se non fosse persone.Da leggere per capire sino a punto può arrivare l'uomo, a che punto più chiudere gli occhi e perdere la propria coscienza.
La banalità del male
Scritto da ANGELAil 06 marzo 2017 Un libro che dovrebbero leggere tutti almeno una volta nella vita per avere consapevolezza che la vera tragedia del male sta nella sua "banalità":
Il libro parla principalmente del processo ad Eichmann, responsabile, per il ruolo ricoperto, della morte di migliaia di persone. Egli si dichiara fino alla fine "Non colpevole", in quanto ritiene di essere mero esecutore di ordini, pertanto non riesce a concepire minimamente il perchè dei capi di imputazione a suo carico. La vera tragedia sta nell'essere parte consapevole di un vero e proprio disegno del "male", ed eseguirlo in maniera precisa con così tanta banalità. Una lucida analisi degli orrori dell'Olocausto,
fantastico!!
Scritto da anniewithmeil 06 marzo 2017Questo non è un libro, ma un pezzo di vita, una scheggia di storia intrappolata tra le pagine. Hanna Harendt segue il processo ad Eichmann, unico criminale nazista processato a Gerusalemme dopo essere stato prelevato in Argentina dal Mossad. La Harendt segue il processo/evento da giornalista e il piglio cronachistico non manca, ma è tutta la parte di approfondimento storico e speculativo che fa la differenza. La Harendt trova la spiegazione di tutto, o almeno ci prova, sappiamo bene quanto questo libro le sia costato in termini di simpatia negli ambienti ebraici americani e anche in termini accademici, nella banalità del male. Il male non con la M maiuscola, quella è l'eccezione del male, come dire, quello è il male che si incarna nelle grandi bestie, nei Satana della storia, ma poi c'è il male banale, quello fatto così, alla buona, quello di sponda, messo in atto dagli eserciti di segretari e fedeli esecutori che agiscono senza osservare neanche una manciata di secondi di riflessione sulle finalità dei loro gesti. E' così, c'è il male di Hitler, ma c'è anche il male di Eichmann burocrate anonimo, ma la tempo stesso fondamentale, responsabile dei treni che giungevano ai campi di sterminio.
Un gran bel libro
Scritto da tommaso il 05 marzo 2017 Una profonda riflessione sul male e le atrocità compiute dall'uomo su altri uomini. Il male viene appunto definito banale e quindi davvero terribile.
Questo libro ci riporta alla mente l'odio, la sofferenza, le atrocità e l'estrema cattiveria che hanno caratterizzato la vita nei campi di concentramento ma più che un racconto vuole essere uno spunto di riflesione.
Fantastico.
Un libro da leggere
Scritto da soniail 05 marzo 2017 Un libro che parla degli orrori di uno dei periodi più bui della nostra storia. Il protagonista si ritrova a parlare di ciò che accadeva nei campi di concentramento, della morte, dell'orrore, della sofferenza ma più di tutto si tratta di una profonda riflessione su chi ha compiuto questi atti atroci.
Il male è banale perchè compiuto da un uomo su altri uomini.
Un libro meraviglioso che consiglio di leggere.
Assolutamente da leggere
Scritto da gabcatania6il 04 marzo 2017 Avevo già letto il libro anni fa, ma lo avevo smarrito (o prestato, chissà). Ho voluto riacquistarlo e rileggerlo perché stimolato da letture simili.
Il libro ha mantenuto, a distanza di tempo, la vivacità intellettuale e la medesima dirompenza che ebbe su di me la prima volta che lo lessi.
Tratto da una lunga corrispondenza che l'autrice tenne da Gerusalemme per conto del New Yorker, la Arendt, per amore di verità, mise il dito in una piaga che neppure lei pensava (o sperava) di avere neppure sfiorato.
Le sue critiche in punta di diritto sulla "giustezza" del processo, le brucianti dichiarazioni, per la coscienza del popolo israeliano - che si era costituito anche a causa dell'Olocausto - a proposito del coinvolgimento dei Consigli Ebraici nella Shoah e, soprattutto, per la portata numerica che assunse, le responsabilità delle chiese cristiane, e in ultimo, ma non per questo meno importante, l'avere inquadrato il criminale Eichmann, per quel che ne usciva dalle dichiarazioni processuali e nulla più, furono fonte di polemiche inenarrabili, anzitutto nelle comunità ebraica americana e israeliana di cui lei stessa faceva parte.
La questione per la Arendt era ed è cruciale: un altro "massacro amministrativo" è possibile, e questo non in virtù della infinita cattiveria umana o dell'inconscio "desiderio di morte" degli ebrei o peggio ancora della rassegnazione secolare del popolo errante dinnanzi all'odio e alla violenza rituale, ma perché l'indifferenza che la "burocratizzazione" implementa nelle coscienze degli individui può arrivare a far sì che letteralmente non sappiano quello che stanno facendo.
Come per Eichmann: un individuo mediocre, considerato tale, anche dai suoi superiori, (Kalterbrunner, Heydrich e Himmler), di scarse letture e mal assimilate, che millantava crimini mai commessi, salvo poi pentirsi di averlo fatto, o dimenticarsene.
Persino di fronte alla morte non seppe resistere nel maramaldeggiare con la retorica, tanto, disse di sentirsi "esaltato" dimenticando che quello era il suo funerale e quelle le sue ultime parole.
La parabola della malvagità umana si dipana in meccanismi anonimi, in routine in cui le azioni mostruose diventano la normalità.
Si può leggere il libro - e il resoconto del processo di cui tratta - come se fosse una lezione spaventosa, indicibile, inimmaginabile resoconto della banalità del male.
Questo è un libro che ti cambia la vita.
Imperdibile
Scritto da Carlottail 02 marzo 2017Chiunque sia appassionato di storia o filosofia non può non leggere questa opera magistrale di Hannah Arendt. Interessantissima, lineare e chiara questa è un'opera che costò cara alla Arendt, criticata fortemente dopo la pubblicazione. Oggi, a distanza di anni, tutti i grandi intellettuali si ritrovano concordi con la filosofa ebrea nek sostenere che il male scaturisce dagli uomini più comuni.
Libro che fa riflettere
Scritto da marwabenil 02 marzo 2017Questo lavoro di una studiosa come Hannah Arendt è ormai divenuto parte integrante del sapere della conoscenza occidentale, non si può prescindere dal comprendere quello che ha spinto ad uno sterminio di massa. Come è stato possibile? Come è stato possibile che la nazione che ha dato i natali a Martin Lutero, Erasmo, Kant, Hegel, Schopenhauer, Goethe, Heine, Beethoven, Bach e tanti altri, abbia permesso una catastrofe della storia dell'umanità così grande?La banalità del male si pone al centro di una serie di lavori che ci aiutano a comprendere come si sia passato dalla 'rispettabilità borghese' alla cieca obbedienza per mettere in atto 'la soluzione finale al problema ebraico'. Fin dall'ascesa dei nazionaldemocratici al governo tedesco, ma ancora prima, la stessa idea di anormalità che la borghesia imputava ai 'diversi': omosessuali, lesbiche, ebrei, tutto ciò ha portato al profondo inasprirsi delle tensioni sociali e culturali all'interno della Germani fra le due guerre. Altri saggi e lavori di studiosi ci aiutano a delimitare e mettere a fuoco quello che la Arendt qui delinea a chiare lettere: mi riferisco ad Hausner, Fridländer, Bauman, Mosse; questi studiosi ci consentono di avvicinarci quanto più possibile alla tremenda verità, che ancora qualcuno si ostina a seppellire. Quello che ci lascia senza parole è lo scoprire come gente normale, funzionari, militari, uomini e donne che vivevano normalmente fino a poco prima dello scoppio della guerra, siano passati ad essere coloro i quali hanno aiutato un folle a perpetrare un'ecatombe d'uomini. 'Rispondevamo solo agli ordini': fino a questo punto l'industrializzazione e la società moderna hanno spinto l'uomo? Fino a questo punto hanno permesso all'uomo di estraniarsi dalla realtà effettiva? La realtà è che la coscienza umana sarebbe intervenuta contro questo eccidio se e solo se la popolazione fosse stata veramente contraria a questo sterminio, purtroppo però secoli di antigiudaismo (Wagner in primis per tutta la seconda metà del secolo si è aspramente battuto contro il giudaismo) hanno compromesso la capacità di aver coscienza di questo antico e forte popolo con alle spalle un ricco bagaglio di sapere. La banalità del male è tutto questo e altro ancora.Grande consiglio per una lettura che riesce ad aprire la mente.
Una grande e profonda analisi
Scritto da Gianlucail 01 marzo 2017Hannah Arendt, filosofa tedesca, scampata al nazismo, e rifugiatasi negli Stati Uniti, compie in qualità di inviata del giornale New Yorker, un reportage sul processo all'organizzatore dello sterminio degli ebrei, l'ex SS Adolf Eichmann, catturato in Argentina e condotto in Israele, dove sarà infine condannato a morte. L'analisi della filosofa riguarda principalmente il male. Il male che viene definito banale poiché un uomo qualunque può compiere il più grande genocidio della storia, motivandolo con l' aver semplicemente obbedito agli ordini dei superiori. In poche parole una grande inchiesta sul ruolo della responsabilità individuale degli uomini.
Riflettiamo
Scritto da Francescail 01 marzo 2017Venni a conoscenza dell'autrice durante l'ultimo anno di liceo, e la curiosità di saperne di più in merito all'argomento non mi passò mai. Un libro oggettivamente non 'leggero' da seguire, ma nonostante ciò merita di essere letto, per l'importanza storica che possiede e per il grande argomento che affronta. La lettura è anche questo, riuscire a farci delle domande e avere continua sete di conoscenza. La Arendt ci mette direttamente difronte ad una delle personalità centrali della vicenda, cercando le radici (mostruose) di questo male, il quale ha condotto molti uomini ad un'anima lacerata.
La banalità del male
Scritto da sveva205il 26 novembre 2016 Libro intenso, ben scritto, che fa riflettere. In questo libro la Arendt analizza i modi in cui la facoltà di pensare può evitare le azioni malvagie. La banalità del male ha accentuato la relazione fra la facoltà di pensare, la capacità di distinguere tra giusto e sbagliato, la facoltà di giudizio, e le loro implicazioni morali. La percezione di Eichmann sembra essere quella di un uomo comune, caratterizzato dalla sua superficialità e mediocrità che la lasciarono stupita nel considerare il male commesso da lui, che consiste, nell'organizzare la deportazione di milioni di ebrei nei campi di concentramento. Ciò che la Arendt scorgeva in Eichmann non era neppure stupidità ma qualcosa di completamente negativo: l'incapacità di pensare. Eichmann ha sempre agito all'interno dei ristretti limiti permessi dalle leggi e dagli ordini. Una delle questioni principali della Arendt è il fatto che un'intera società può sottostare ad un totale cambiamento degli standard morali senza che i suoi cittadini emettano alcun giudizio circa ciò che sta accadendo.
Libro stupendo, consiglio!!
Una riflessione profonda
Scritto da teresail 25 novembre 2016 E' un libro in cui l'autrice esprime le sue personalità riflessioni dopo aver assistito al dibattimento durante il processo contro Adolf Eichmann., accusato di crimini contro l'umanità, crimini contro il popolo ebraico e crimini di guerra commessi durante la seconda guerra mondiale sotto il regime nazista.
E' un libro che oltre a raccontare fatti pone domande, invita il lettore a riflettere su argomenti scomodi.
Il male commesso da Eichmann viene definito "banale" e quindi ancor più terribile, atroce. Chi ha commesso queste barbarie è stato l'uomo, uno di noi.
Un libro consigliatissimo.
Da brivido
Scritto da eva.mascolinoil 24 novembre 2016 Un libro che andrebbe letto anche solo per il fatto che non ha niente a che vedere con le speculazioni di marketing sul fenomeno dell'olocausto. È un'inchiesta e una riflessione filosofico-esistenziale, oltre che criminologica. Nasce, insomma, dalla necessità di capire e dalla curiosità di sapere, nel senso più elevato del termine.
Le conclusioni che emergono fanno rabbrividire, fanno letteralmente paura e costringono a un'autoanalisi molto approfondita di certe maniere in cui ci si rapporta di solito con sé stessi e con il mondo. Si capisce che determinate valutazioni non sono poi così semplici, e che certi altri atteggiamenti sono più "naturali" e banali di quanto non si sarebbe capaci di ammettere.
Andrebbe letto perché è un libro intelligente, ma non freddo. Perché è un libro onesto, e non infarcito da finzioni letterarie. Perché ci riguarda da vicino, e senza per questo condannarci apertamente.
Non cercavo questo...mah
Scritto da Michaelil 08 settembre 2016Ho acquistato questo libro come sempre dal sito Feltrinelli dopo aver letto il titolo, se ricordo bene, in un romanzo di Glenn Cooper, devo dire che sono rimato un po' deluso inizialmente perché pensavo fosse una storia, non un saggio su un qualcosa di realmente accaduto, non avevo letto la trama, e devo ammettere che durante le prime 100 pagine ho pensato parecchio se continuare a leggerlo o no, perché mi dava l'impressione di essere un po' pesante e con uno svolgimento lento, il succo del discorso è che in due settimane l'ho divorato, forse non l'ho compreso fino in fondo ma si lascia leggere benissimo e parla di una delle catastrofi più assurde compiete dall'uomo, abbastanza crudo e a volte ironico. Un ottimo libro per chi come me ama capire tutto di quel periodo, quindi alla fine è stato più istruttivo di un classico libro sulla seconda guerra mondiale, ovvero la storia di un po' di persone in quel periodo, quello che cercavo praticamente, questo è un racconto storico di avvenimenti accaduti realmente e che tutti quanti ci auguriamo non accadranno mai più...
egipepus
Scritto da GIUSEPPEil 06 luglio 2016racconto non filosofico del processo al gerarca nazista catturato e traferito a Gerusalemme dai servizi segreti israeliani per il processo sull' olocausto, mette in luce la vera stupidità umana la quale erano racchiuso e che poi l'hanno tramutata in male rendendola banale, situazione per me che ho letto e visto il film evitabile. l'autrice mette in evidenza i dettagli più crudeli e stupidi di queste persone, coinvolgendo chi legge in una situazione reale come se fosse presente in aula ad assistere al dibattimento. con un finale già scritto.
Un libro che fà pensare
Scritto da sofia.resil 14 maggio 2016Protagonista del libro è Eichmann, uomo del Reich , rapito a Buenos Aires per portarlo davanti al tribunale di Gerusalemme per accusarlo dei suoi crimini verso gli ebrei. La banalità del male pone il lettore a farsi tante domande, tra cui Eichmann è davvero colpevole? Nel senso che non era altro che il uomo medio, nessuna caratteristica straordinaria, un grigio burocrate che a sua detta ha solo obbedito agli ordine dei suoi capi. Un uomo così mediocre da non saper scindere il bene dal male, come se uccidere altre persona fosse un mero fatto amministrativo, come se un ordine valesse più della vita
Fa riflettere
Scritto da Maria Veronicail 13 maggio 2016 Il libro racconta la storia di processo a un uomo che è stato accusato dello sterminio di milioni di ebrei. Stiamo parlando di Eichman, un ufficiale tedesco.
Il titolo del libro fa riflettere: cosa significa 'la banalità del male'? Banalità del male significa che il male viene compiuto come se fosse roba da poco, nella routine di tutti i giorni; il male viene compiuto come se fosse un atto di routine; è proprio questo routine con cui vengono uccisi gli ebrei lo fa diventare banale.
Banale perché si eseguono gli ordini dei superiori senza preoccuparsi della grandezza e della crudeltà delle azioni che si compiono.
La Arendt ha ragione!!
Scritto da Luca il 07 maggio 2016Credo che un libro che spieghi meglio gli orrori dell'Olocausto non ci sia. Il merito della Arendt però, oltre una parte in cui spiega dettagliatamente i ruoli dei paesi europei nell'eventuale dispiegazione della Shoah che c'è stata in ogni nazione, è quello di trovare un ruolo di colpevolezza nell'imputato Eichmann che va oltre le pretese dello stato d'israele per cui è stata inoltre tanto criticata: vedendo il film su di lei ho avuto molto di più quest'impressione rispetto al libro, che infatti riesce a spiegare molto meglio questa sua tesi che condivido pienamente.
splendido, condivisibile
Scritto da davideberardiniil 05 maggio 2016opera che si può leggere senza troppo interesse filosofico. L'analisi originale della figura del nazista incriminato vale la lettura.
laFeltrinelli Librerie - Milano
Scritto da il 10 luglio 2018Inviata del The New Yorker per assistere al processo contro Eichmann, la Arendt si aspettava di trovarsi al cospetto di un mostro, ma al suo arrivo invece trovò un uomo normale, un grigio funzionario. Partendo dall’analisi di fatti storici, nell’ambito di un processo, l’autrice ci conduce, in modo minuzioso, a capire come il male possa insinuarsi nella mente di gente banalmente comune, anche inconsapevole di fronte al male, in questo caso assoluto.
laFeltrinelli Village - Milano
Scritto da il 21 gennaio 2014Hannah Arendt è presente a Gerusalemme durante il processo per crimini di guerra contro Eichmann. E' in quell'aula che si rende conto quanto il potere di scatenare l'inferno non era in mano a superuomini,ma a gente comune,come la maggior parte di noi.
laFeltrinelli Point - Terni
Scritto da Livioil 06 ottobre 2013Nel 1961 a Gerusalemme Hannah Arendt segue come cronista il processo al criminale nazista Eichmann. Da quella esperienza nasce questo libro scomodo, inquietante, pieno di stupore per come gli orrori del nostro recente passato siano stati commessi da persone "normali", banali, dei veri e propri burocrati del Male.
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Biografia

Hannah Arendt
Dettagli
- GenereFilosofia
- Listino:€ 11,00
- Editore:Feltrinelli
- Collana:Universale economica saggi
- Data uscita:01/09/2013
- Pagine:320
- Formato:Tascabile
- Lingua:
- EAN:9788807883224
Parole chiave laFeltrinelli:
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16/02/2019 | 07:00
RACCONTI DALLE CITTÀ DI MARE
Taipei, Valparaiso, Roma, Philadelphia, Montevideo, Kuala Lumpur, Portland, Atene, Toronto, Nantes, Glasgow, Budapest e Dakar: su laeffe arriva la quinta entusiasmante stagione dei Racconti dalle città di mare.Alcune delle città più importanti al mondo sono state costruite vicino al mare, diventando luoghi simbolo: porti, città commerciali o mete turistiche.Nella nuova stagione, Sophie Fouron ci accompagna in un percorso in giro per il mondo alla scoperta della loro bellezza, della loro complessità e della loro vera anima.