Trilogia di New York

Tre storie, le prime due con la struttura del racconto di detective, la terza più con rimandi agli albori del genere giallo ( la stanza chiusa del titolo è un classico elemento dei primi racconti investigativi d'altronde), con molti elementi familiari, dal detective solitario al caso che non è quello che sembra, ma che poi si diramano in riflessioni sui temi più cari all'autore: la scrittura come esigenza vitale e strumento di sopravvivenza, l'identità, il rapporto tra l'autore e i suoi personaggi, il linguaggio. Il tutto ambientato in una New York labirintica e tentacolare che si presta perfettamente ad essere rappresenta come una Babele dei nostri tempi ( ma la storia sul ponte di Brooklyn è anche un atto d'amore verso questa città). Letto come primo mio libro di Auster, consiglio di leggerlo più volte accompagnandolo con altre opere dell’autore per comprenderlo meglio.

Paul Auster nella sua opera "Trilogia di New York" esprime dei concetti esistenti nella società odierna. Egli ritrae lo smarrimento che attacca gli individui a causa della mancanza di riferimenti.
Il libro ha come temi fondamentali la crisi d'identità, il linguaggio ed "la società liquida" , tale termine fu utilizzato dal sociologo Bauman per esprimere che la società che non avendo punti di riferimento, disorienta anche gli individui che ne fanno parte.
Tornando all'opera, essa si avvale di tre storie "apparentemente" diverse. In realtà i racconti sono molto simili tra loro, sono tre detective stories dove i personaggi reagiscono in maniera pressochè simile al caso assegnato. Il tema dell'identità e dell'assenza dei punti di riferimento è presente nei tre racconti nonostante alcune lievi differenze. Infine le tre detective stories hanno un epilogo assurdo, bizzarro, il lettore resta disorientato.
La valutazione di questo libro è; abbastanza negativa perchè nonostante l'originale tema e lo stile dell'autore che ho amato, non mi ha soddisfatto. Purtroppo sia i casi che i temi sono stati affrontati allo stesso modo nelle tre storie e ciò converte l'argomento da originale a banale in poco tempo.

Devo riconoscere a Auster le abilità del grande narratore.
Nonostante i paradossi e le situazioni assurde in cui i suoi personaggi rimangono invischiati, Auster ha sempre la capacità di presentarli al lettore con estrema chiarezza, grazie a una prosa dal ritmo incalzante, elegante, piacevole da leggere.
Un altro punto a suo favore è la grande curiosità che la lettura delle sue storie suscita nel lettore la cui attenzione è comunque tenuta desta per tutta la durata della narrazione e anche oltre, perché, girata l'ultima pagina, letta l'ultima riga, si rimane lì, con il libro in mano e un'espressione ebete dipinta sul volto, a interrogarsi su cosa sia successo realmente e su quale significato possa avere ciò che abbiamo appena finito di leggere.

Basta farsi un giro per il web per vedere come non poche persone si siano avvicinate a questo libro spinte dalla ricerca di "qualcosa che assomigliasse al cinema di David Lynch". Dopo aver letto questo stupendo libro, posso confermare che - se siete fra quelle persone - troverete pane per i vostri denti. Attenzione: non aspettatevi boschi ed efferati omicidi. La vicinanza a Lynch non si rinviene tanto nella trama, quanto piuttosto nelle atmosfere di questi tre racconti. Vi è quello stesso senso di indefinito e di incomprensibile che caratterizza le visioni di Lynch, che per quanto le analizzi, sembri non arrivare mai ad una conclusione certa su ciò che l'Autore voleva veramente mostrarti, ma riesci comunque a percepire un profondo senso in mezzo alla nebbia del significato. Con Auster è lo stesso... vi è un grande tema: l'identità, questa sfuggevole ed insensata caratteristica umana, che nei tre racconti viene rivoltata e privata di senso lasciandovi a riflettere su chi siete veramente, se siete qualcuno. Consigliatissimo.

Tre storie che si svolgono in una New York rarefatta, un luogo senza tempo, cupo, dove niente è ciò che sembra, dove ognuno può scomparire, perdersi, dissolversi o moltiplicasi in un gioco di specchi e riflessi ossessivi. Non si tratta di detective story, ma la vera indagine è quella condotta nell'animo umano, tra paure, follia, casualità, destino, coincidenze e ossessioni; ci si trova a fronteggiare la piattezza di una vita priva di senso come in Fantasmi, o come avviene ne "La stanza chiusa" la scarsa conoscenza di sé stessi porta a doversi scontrare con gli altri e col proprio passato per poter vedere dentro di sé e ricominciare da zero strappando le pagine di un passato assurdo, ed infine l'ossessione che porta alla pazzia tema portante di "Città di vetro". I protagonisti sono totalmente assorbiti dalla loro indagine fino al punto da non riconoscersi più, attraverso un complesso gioco di ribaltamento dei ruoli e di sdoppiamenti di personalità; la loro ricerca di una propria identità li porta a ridurre la loro vita al minimo assoluto in termini di bisogni e relazioni, fino ad acquistare una nuova forza per riconnettersi con il mondo o fallire e scomparire per sempre. La fine dell'indagine personale di ognuno di loro ci conduce ad un finale aperto, lasciano libero spazio all'interpretazione: "La questione è la storia in sé: che abbia significato o meno, non spetta alla storia spiegarlo".

Paul Auster ama giocare con gli stereotipi narrativi, in questo caso afferenti al genere postmoderno, per reinterpretarli in chiave postmoderna. Si tratta di tre racconti polizieschi, ma l'investigazione investe questioni di natura esistenziale e filosofica. Ad esempio, il titolo della prima storia - Città di vetro - non allude, infatti, alla trasparenza del vetro, ma al suo potere riflettente, che incarna i molteplici livelli di lettura presenti nel racconto. Questo gioco è presente fin dal principio nell'identità frammentaria del personaggio principale, lo scrittore di polizieschi Daniel Quinn, che utilizza come pseudonimo il nome William Wilson1 e si identifica con il detective protagonista dei suoi romanzi Max Work. L'azione romanzesca comincia quando decide di assumere un'ulteriore identità fittizia, quella dell'investigatore Paul Auster ed accetta l'incarico di pedinare il padre di Peter Stillman, uno studioso che sta per ritornare in libertà dopo anni di reclusione in una clinica per malati mentali. Da quel momento si apre una vicenda coinvolgente dagli sviluppi inattesi. Consigliatissimo.

Capolavoro di Paul Auster. Ricco di suspense e di colpi di scena. un poliziesco eccellente, sapientemente strutturato e molto intrigante. La città di New York diventa uno dei protagonisti ed il collante che unisce tre vicende che sembrerebbero completamente disgiunte. vivamente consigliato a chi ama i polizieschi ma anche a chi ama i gialli. i personaggi principali sono a mio avviso molto interesanti ed è proprio per questo che non riuscivo a staccarmi dal libro fino a quanto non l'ho finito. Molto apprezzato e molto consigliato, soprattutto ai fan di Paul Auster.

Con un particolare stile di scrittura, questa trilogia di racconti di Paul Auster prendono come scusa l'ambientazione della piu' affascinante citta' del mondo per completare un viaggio introspettivo dei propri personaggi; ambiguita', incertezze e mistero si inseguono in queste tre storie cosi' distanti tra loro che sorprendentemente hanno in realta' un filo comune. Di lettura non sempre semplice, appassiona per stile e contenuto.